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Codice Autore: 5a6ef42a59c5d
Sezione: Adulti
Titolo: La sua Africa





La sua Africa

La telefonata arriva prima dell’atterraggio, risponde il medico di turno, scrive sul modulo prestampato: “Sette anni, è cosciente, respira con fatica, non vomita, ha la febbre alta. Arriviamo”

I passeggeri del volo KXY3577 proveniente da Kano, in ritardo di un’ora, si dirigono verso il ritiro bagagli e verso l’uscita.

Quando arriva l’operatore sanitario, il passeggero stringe forte a sé la bambina assopita, prima di adagiarla sulla barella, straziato come se la stesse abbandonando per sempre. Ha il volto contratto dall’ansia, è sua figlia. La bambina, avvolta da una coperta dai colori raggianti, al tatto scotta, non si lamenta, ha le labbra serrate. Un sibilo lieve ma incessante, le esce dalla gola. Stringe forte a sé una bambola di pezza dalla bocca cucita. Il tratto di strada fino all’ambulatorio aeroportuale sembra non terminare mai. Una via crucis fatta di bagagli, indumenti, zaini, luci al neon e annunci radiofonici. 

 

La famiglia di Yasmine ogni anno compie un viaggio a ritroso nel paese d’origine.

La vacanza tanto attesa quest’anno sarebbe stata ancora più bella: la nonna e le zie li aspettavano all’aeroporto. Questa volta tutte le attenzioni erano solo per Yasmine che gongolava felice, come la principessa delle fiabe che leggeva a scuola nel quartiere Corvetto dove abitava da quando era nata. Che bello, ogni giorno una festa in suo onore, con canti, balli, giochi. Da non credere! E le risate che aveva fatto insieme alle sue cuginette africane mentre provava i panni dai colori allegri, le collane di madreperla e i braccialetti in caucciù che aveva ricevuto! Tutta agghindata a festa pareva una piccola donna.

Un unico rammarico le oscurava appena il volto: le impedivano di giocare al pallone e saltare le staccionate con i cugini. “Sei cresciuta, non puoi più stare con i maschietti, presto sarai una donna” le dicevano a turno le zie e le cugine più grandi di lei. Lei non capiva quale fosse mai la differenza rispetto l’anno passato, quando con le sue agili gambette, come una gazzella, batteva nelle corse anche i maschietti più grandi. “Ti devi abituare a non correre più, dopo potresti strapparti” le ripetevano.

Anche sua madre stava sempre a bisbigliare con le altre donne muovendo la testa in su e in giù e preparando i cibi africani per il sospirato giorno, per festeggiare proprio lei, Yasmine.

Ma come mai? Yasmine continuava a non capire, lei era nata a gennaio, quindi non poteva essere la festa di compleanno, ma era contenta perché questa volta aveva ricevuto più regali di quando compiva gli anni. Il giocattolo più gradito, a cui rimase legata per giorni, fu una piccola bambola di pezza nera, con la bocca cucita a zigzag.

Perché mamma ha la bocca cucita? Non può parlare? - Si domandava curiosa come sempre – No, Yasmine, significa solo che le brave bambine non devono piangere e né urlare. E tu sei una brava bambina vero?

Yasmine annuiva con i suoi occhi scintillanti di gioia, orgogliosa di assomigliare alla sua bambola.

 

 Non pianse e né gridò, ma rimase con la bocca spalancata e senza fiato in quell’attimo  fatto di pochi secondi, il tempo giusto di vedere la lama insanguinata nelle mani della nonna, prima di soffocare l’urlo in un labirinto profondo e annegare, priva di sensi, in un lago di sangue.

Sua madre rimase accanto a lei a tenerle la mano, a darle da bere e medicarle la ferita che per ore continuò a sanguinare. Le ripetevano che era tutto finito, che era stata brava, ma lei stanca e muta non riusciva neppure a fiatare. Stava male. Certo non urlava, ma non si faceva più toccare da nessuno. Era terrorizzata. Adesso i doni che aveva ricevuto erano lì sul tavolo di legno ordinati e ancora incartati, in attesa della sua guarigione. Lei li guardava con occhi tristi e distanti, privi di desiderio. Nell’altra camera continuavano a fare festa. Sembravano felici, facevano baccano e lei non capiva; le mostravano i regali, ma lei non voleva saperne, avrebbe voluto piangere, urlare scappare. Non poteva, era una brava bambina.

Dovette restare parecchi giorni ferma immobile senza muovere le gambe. Non riusciva a fare pipì per il dolore. Ogni tanto la nonna della lama lucente veniva a trovarla alzando la coperta e sbirciando sotto le lenzuola. Piano piano il sangue si arrestò ma la ferita la faceva contorcere dal dolore. Doveva alzarsi per andare in bagno, ma non ne aveva coraggio, se ne vergognava, e così la sua pancia si gonfiava sempre di più. Un giorno sentì un uomo urlare con rabbia e tante frasi appena bisbigliate provenire dalla cucina: era il medico del villaggio che avrebbe dovuta guarirla. Ma anche lui le fece molto male: la sua mamma e le sue zie le bloccavano con forza le braccia e le ginocchia, un tubicino le entrava da giù fin su in alto e un sacchetto di plastica lasciato penzoloni fuori da letto si riempiva di liquido giallo.

 

Yasmine pensava ai regali ricevuti e abbandonati lì al villaggio, nella sua Africa. Non ci avrebbe più giocato. Era già cresciuta, aveva ragione la sua mamma.

 

  • Dove ti fa male, Yasmine? Chiede il medico di Malpensa alla bambina con il bacino bendato.
  • Non è malaria vero?, rivolgendosi con occhi indagatori ai genitori. I due si guardano a lungo e non rispondono. Il giovane medico scuote la testa, non sa cos’altro dire. Si mette a compilare il modulo in attesa di risposte che confermano i suoi sospetti. L’illegalità è l’aspetto di cui meno si preoccupa. Lui è un medico e basta. Sorride e accarezza la piccola Yasmine che continua a stringere la sua bambola muta.
  • Capisce l’italiano?
  • Sì è nata e cresciuta a Milano - risponde il padre.
  • Ora è tutto finito, vedrai che presto guarirai - le dice il medico, anche se lui sa che i dolori si sarebbero moltiplicati, più forti che mai, quando sarebbe cresciuta, quando sarebbe diventata veramente una donna, come aveva letto in qualche rivista di medicina.
  • Ma com’è possibile? In Nigeria questa pratica è vietata! Chiede al padre che finalmente risponde alle sue domande.
  • È colpa sua - dice il padre guardando la moglie con un misto di rabbia e rassegnazione - Gli uomini non si intromettono in queste faccende di donne.

La madre di Yasmine, con due occhi infuocati, guardando il medico:

- Mia nonna a mia madre, mia madre a me e io a mia figlia. Da noi la tradizione vale di più della legge.

Il medico termina di scrivere e con un respiro profondo consegna la ricetta al padre:

- Una compressa ogni dodici ore. Sono antibiotici. Potete andare.

 

 



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